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La collina di Santa Maria di Anglona, situata in posizione formidabile a cavallo dello spartiacque tra i fiumi Agri e Sinni, è stata abitata dall’uomo sin dalle epoche più remote, grazie alla sua naturale difesa in altura, alla ricchezza di sorgenti ed alla feracità del suo suolo.
Le testimonianze archeologiche più rilevanti ci giungono dall’Età del Ferro. Qui nell’VIII sec. a.c. sorgeva Pandosia, un importante centro indigeno di cultura Enotria. Questa popolazione, in contatto con le nascenti colonie greche della costa (Siris-Heraclea) ed al centro di una fitta rete di scambi commerciali anche con il nord Europa (vedi l’importazione di ambra dal Baltico) aveva raggiunto un elevato grado civiltà. Per avere un’idea del potere e della ricchezza di questo centro basti considerare le imponenti sepolture a tumulo (31 maschili e 28 femminili) della necropoli di Valle Sorigliano, ai piedi del colle, con i loro impressionanti corredi: bronzi, ceramiche e monili in ambra ed oro dall’eccellente fattura, oggi conservati presso il Museo Archeologico Nazionale della Siritide a Policoro.
Con lo sviluppo delle città greche, pur spopolandosi progressivamente, Pandosia ed il suo territorio mantengono una funzione nevralgica; infatti, proprio qui si combatterà la famosa battaglia di Heraclea (280 a.c.) tra Pirro, condottiero dei Greci, ed i Romani, durante la quale apparvero per la prima volta in Italia i famosi elefanti da combattimento, che i Romani ribattezzarono “buoi Lucani”.
Durante il medioevo il colle muta il suo nome in Anglona e consolida il suo ruolo sacrale, frequentato dai monaci bizantini che vi edificano un piccolo oratorio (X sec.) ancora esistente ed inglobato nella Basilica. Il 20 Novembre del 1092 Papa Urbano II, di passaggio da Anglona, posa probabilmente la prima pietra di quella che diventerà la Cattedrale della Diocesi per tutta l’epoca Normanno-Sveva, in un’ottica di antagonismo con la vicina, ed ancora profondamente Bizantina, Tursi. Le diatribe territoriali fra i due centri sfociarono, nel corso del XIV secolo, nella completa distruzione del castrum ecclesiae di Anglona da parte dei tursitani, i quali ne risparmiarono solo la Basilica.
La caratteristica principale dell’edificio, che ha conosciuto più fasi costruttive, è il suo stile sincretico, nel quale stilemi provenienti da Oriente si amalgamano con forme architettoniche di chiara impronta nord-europea, evidenziando il ruolo di cerniera culturale che questo territorio svolse all’epoca. All’interno, sulla parete destra della navata centrale, si può ammirare il maestoso ciclo pittorico (XII-XIII sec.) raffigurante una quarantina di scene tratte dal Vecchio Testamento e facilmente riconoscibili, come ad esempio la costruzione della torre di Babele e le scene riguardanti Noé e la costruzione dell’arca. Sui pilastri delle navate si succedono figure di Santi risalenti a varie epoche (XIII-XVI sec.). Rilevanti le monofore con decorazioni in caratteri pseudo-cufici di ascendenza Araba, che mettono in risalto, ancora una volta, la profonda commistione culturale che caratterizza questo edificio.
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